30 dicembre 2022

ALLA SERA - poesia di Giacomo Leopardi recitata da PIETRO ATTILIA di Orvinio

 


ALL'OMBRA DEI CIPRESSI - poesia di Ugo Foscolo recitata da PIETRO ATTILIA di Orvinio



A SILVIA - poesia di Giacomo Leopardi recitata da PIETRO ATTILIA di Orvinio

 


SAPRAI CHE NON T'AMO E CHE T'AMO - poesia di Pablo Neruda recitata da PIETRO ATTILIA di Orvinio

 






21 dicembre 2022

ACRILICI IN VERSI di Gianni Forte e Pietro Attilia


CHIESA DI SAN GIACOMO - ORVINIO       1/15 AGOSTO 2021

Recensione mostra evento: ACRILICI IN VERSI a cura di Pietro Attilia

Questa mostra di Gianni Forte ha un merito, una specificità, ed una intuizione comunicativa che va a parlare, a narrare alla gente del posto, dove si espone. Qui non ci sono opere, ritratti e paesaggi, freddamente postati per attirare l'attenzione e stimolare il visitatore all'acquisto. Non c'è scollamento tra esse. Le poche single  contornano  la storia /narrazione. Il pittore, tramite i personaggi dei quadri rappresentati, parla alla Comunità Orviniese, che messa davanti ad uno specchio, si riflette e si riconosce e si emoziona.
E' uno spaccato di vita, costume , tradizione religiosa, che avvolge tutto il paese e lo lega alle sue radici ed  al suo territorio. Queste non sono immagini che entrano in una chiesa, ma è la Chiesa che esce dal suo perimetro e tenta un approccio culturale, umano, possiamo dire culturale, umano, possiamo dire sociale, che lega gli esseri nel nostro sentire più intimo, sia esso laico o religioso, personale, ma al contempo, impersonale ed indistinto, dove ..Tutti quelli di Orvinio...si riconoscono.
Questa personale dell'artista, diventa all'uopo una splendida scenografia di noi orviniesi, e possiamo dire, come il cantautore  De Gregori cantava....la storia siamo noi...qui siamo NOI, e il pennello di Gianni, la immortala in questa splendida location di San Giacomo.
Quando si dice che la pittura è poesia silenziosa, e la poesia è pittura che parla è pittura che parla, vengono toccati i nostri primi due sensi: l'occhio vede..il bello..., l'orecchio sente..la bellezza, e noi al contrario di quello che si banalizza, noi siamo quello che mangiamo, noi siamo quello che vediamo e quello che sentiamo.
Per questo a cornice della pittura, alcune delle più belle poesie scritte dai più grandi poeti del passato sono state interpretate e proiettate durante il periodo della mostra.
Ci piace fissare in immagine questo evento con una celebre frase di Shakespeare poi ripresa da tanti:
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita.

                                                                                                            PIETRO ATTILIA



 LA MADONNA DI VALLEBONA E LE CONFRATERNITE

Qui si è voluto rappresentare Orvinio nella sua tradizione e religiosità con i costumi delle Confraternite e dei suoi personaggi.
A memoria non sembra che queste siano mai state rappresentate in qualche opera. Infatti sono le Confraternite, al centro che spiccano nelle figure dei due pellegrini in ginocchio, in adorazione della Madonna con il Bambino. 

Qui il pittore, sempre innamorato del Caravaggio, ha voluto riproporre la rappresentazione di un'altra opera, la Madonna dei Pellegrini (visibile nella Chiesa di Sant'Agostino a Roma). In questo quadro c'è una raffinata sovrapposizione  con due figure nello stesso personaggio, prestato dall'altro (l'Angelo di San Matteo). E' la figura del caro zio Armando (in posa come San Matteo) che ascoltato l'Angelo, rappresentato da un altro mitico concittadino, Franco chiamato Spartaco e qui (dove avviene la sopvrapposizione) zio Armando (San Matteo) rivolgendo le sguardo in ammirazione, ritorna in ginocchio pellegrino, assieme all'altro pellegrino, il nostro amatissimo Renato. E sono i nostri Confratelli ad adorare la Madonna di Vallebona, sostituita con la Vergine del Caravaggio (abile gioco di Gianni)

L'animale in basso è Betty, una cagnolina molto coccolata in paese.




CONFRATERNITA IN PROCESSIONE CON LE AUTORITA'

A sinistra dei due confratelli in ginocchio, abbiamo la testa della processione di una Confraternita (i blu del Gonfalone) prossimi al centro , vicini alla...meta, ai due pellegrini seguiti dalle autorità.


Sono ben visilbili e riconoscibili tutti i personaggi, Sindaco, Maresciallo, Vigile e l'uomo con la giacca rossa, preceduti dai due confratelli; ed il fermo immagine, è solo una frazione del movimento del gruppo, del procedere silenzioso e composto, ripreso nel passaggio sul corso (l'arco della Pretura).Il pittore fa molto uso di particolari, come il cappello bianco a sinistra (dove si rappresenta) e la postura della lepre, anch'essa in processione.







CONFRATELLI IN PROCESSIONE CON SOMARO


Alla destra dei due confratelli ritroviamo sempre l'immagine della processione con la Confraternita dei rossi (Santissimo Sacramento) che convergono anch'essi verso il centro di adorazione. Qui vengono mostrati i due Priori, il Vescovo, il Parroco ed un pellegrino e tre personaggi di Orvinio. Una donna inginocchiata molto religiosa, un confratello sempre vigile in chiesa, e l'altro, l'unico che non procede con lo sguardo come gli astanti (una memoria ad un confratello da poco deceduto)In questo quadro sembra che il pittore abbia dato la preminenza alla figura del Somaro in prima fila con il muso prospiciente.Per allegoria, questo è un senso di umiltà e di sottomissione, ed il Somaro ne incarna la virtù degli orviniesi in precessione, "fissata"  mentre transita in prossimità di un altro arco sempre su corso Manenti.



IL TRITTICO


Ora se assembliamo il quadro centrale (i due pellegrini) con le due pale laterali, otteniamo un trittico spettacolare, per immagini, colori e movimento, con le Confraternite ben mostrate che vanno verso il centro, verso Vallebona, simbolo di forte attrattiva orviniese, sia essa religiosa, laica o spirituale.


Questo trittico, che ci riporta all'antico, in chiave moderna, è una somma di combinazioni sentimentali, la fede, la tradizione nei costumi, l'amore verso i deboli.
Si dice che un grande artista adopera tutto ciò che si è conosciuto o scoperto nella sua arte fino a quel momento, poi va oltre ciò che è stato conosciuto e crea qualcosa di suo.


GLI EVANGELISTI

Ripartendo dal trittico iniziale, il pittore ha arricchito la contemplazione del "suo Orvinio e le Confraternite" con altre quattro opere, che vanno ad inserirsi con lo stesso linguaggio nella narrazione che lo stesso artista fa dei personaggi rappresentati.In una visione religiosa e convenzionale del nostro ambiente locale, fatto di tradizioni, costumi e devozione, la precessione delle Confraternite, può diventare un Presepe ed avvolgersi in aspirazioni evangeliche, e che meglio ha narrato la vita di Gesù se non i quattro Evangelisti?Ed ecco il pittore, con un continuo di pennello e fantasia, li riporta in mezzo alla vita religiosa e paesana del nostro Orvinio. I quadri si dispongono su un piano orizzontale, come una foto panoramica, quando l'obiettivo delicatamente si muove sullo stesso asse, per abbracciare la bellezza dell'immagine nel suo intero e raccoglierla in un unico fotogramma.

La scenografia è movimento e questi quadri non sono solo vitali e parlano, ma tutta la gestualità dei personaggi è un racconto di attori che si muovono sul loro palcoscenico più vivo e naturale. Il colpo d'occhio d'insieme con l'alternarsi e il combinarsi dei colori, dei volumi delle figure, con i contrasti di scuri e luce è sorprendente, bello e gradevole, che appaga gli occhi e l'anima dello spettatore.

Ora facciamo un piccolo preambolo, il tetramorfo (dal greco antico quattro) secondo San Gerolamo, sintetizza la totalità del mistero cristiano rappresentato con i quattro Evangelisti: la Passione, il bue è San Luca; l'Incarnazione, l'uomo alato l'Angelo è San Matteo; la Resurrezione, il leone è San Marco; l'Ascensione, l'aquila è San Giovanni.


SAN LUCA


Il primo evangelista rappresentato è San Luca con il suo bue che materializzato sta entrando in una porta/vicolo di Orvinio. Il simbolo, la fantasia si concretizza in uno specchio della realtà locale, aderente al personaggio nel suo ambiente più prossimo.

La perfezione dell'espressione, rubata al rappresentato e cestita dei colori (notate il parallelo di movimentazione dell'animale e del cromatismo della tavola) ci riporta ad un opera del Caravaggio (la conversione di Saulo).







SAN MATTEO


A seguire troviamo l'altro evangelista San Matteo, l'Angelo, con l'immagine di una orviniese adottata, splendida isola, nel mare orviniese ma senza contorno paesaggistico (perché non nativa del luogo); qui oltre alla ripresa dei colori caravaggeschi, Gianni ha rubato la postura del viso dell'Angelo ad un seguace del Caravaggio, il nostro Manenti con l'opera, l'Educazione della Vergine, nel volto della madre della Madonna.








SAN MARCO


Il terzo evangelista San Marco con il leone. Il personaggio ed il suo simbolo qui ha tre magnifiche rappresentazioni: il leone irrompe nella fontana del paese, prossima al luogo del raffigurato; la vaschetta in offerta della famosa cesta di frutta del giovane di Caravaggio e il bicchiere che il fantasioso Gianni fa poggiare dal "giovane" ripreso in abito da lavoro (superbo lo sguardo e la postura) come il calice del sacerdote sulla balaustra, sull'altare, a simboleggiare il sangue di Cristo, in offerta nelle funzioni religiose. Il quadro si chiude con la ciliegina sulla torta: il gatto, perfetto che guarda l'astante, come a dire: eh ci sono anch'io!







SAN GIOVANNI


Chiudiamo questa panoramica ed arriviamo al quarto evangelista San Giovanni e l'aquila. Il simbolo volteggia sopra l'abitato del personaggio, nella sua quotidianità lavorativa, che pare riprenda l'offerta del precedente evangelista, con la mano tesa che offre, in alto, e allo stesso modo dona, in basso cibo agli animali. Mentre San Marco offre il calice (sangue di Cristo) qui San Giovanni offre il pane (il corpo di Cristo) ed il suo sguardo è rivolto in alto, in ammirazione, dove l'aquila, il simbolo dell'ascensione, sembra che abbia virato e richiama la sua attenzione. Anche in questo dipinto, non poteva mancare il richiamo ad un'altra opera del Caravaggio: la zingara che legge la mano al giovine, ha lo stessa cappello dell'evangelista raffigurato.






SAN PAOLO L'EREMITA E SANT'ANTONIO ABATE


Continua ora il nostro pittore riprendendo i colori del Manenti, e prendendo a prestito due sacre immagini rappresentate, ne fa una narrazione moderna e attuale, il quadro bel visibile nella chiesa parrocchiale di Orvinio, ci mostra San Paolo l'Eremita e Sant'Antonio Abate in adorazione e ammirazione dell'Altissimo.

Ora ingannando la nostra visione ottica i due Santi diventano due personaggi reali e a noi vicini. San Paolo è interpretato da un personaggio enigmatico e solitario che racchiude nelle sue mani congiunte la forza interiore, acerba, potente e genuina per ispirarsi a quel luogo sacro (Vallebona e lu Romitu, una sua lirica) tenendo a se un pettirosso (altra sua poesia) immagine di amore e libertà.

L'altro personaggio che ha preso il posto di Sant'Antonio Abate si esprime in contemplazione e ammirazione dell'altro luogo anch'esso sacro (Petra Demone) da cui attinge memorie e ricordi che gelosamente custodisce nel suo baule dove è seduto. Il geco aggrappato per le comunità primitive è un simbolo di comunione tra il mondo dei morti e quello dei vivi, mentre il liuto, appoggiato sulle gambe (qui c'è un riferimento a Caravaggio e al giovane con il liuto), richiama il giorno della festa di Sant'Antonio Abate, dove una tradizione popolare vuole che  i "bottari" suonino la musica per allontanare il demonio. I bottari perché costruivano e usavano le botti, hanno usato le stesse e strumenti simili per procurare, battendole, quel suono che oltre al maligno, teneva lontano anche gli animali pericolosi per l'uomo e a salvaguardia del suo raccolto. Il lupo, poi, tra i due li accomuna nella fierezza del carattere. Con l'abbigliamento dei due personaggi nei colori usati dal Manenti, ma reali e quotidiani, a questo punto, è come se Gianni li volesse. far uscire dal sacro incantesimo per riportarli alla vita di tutti i giorni qui a Orvinio.


LE QUATTRO VIRTU' CARDINALI


I quattro evangelisti cedono la scena ai quattro portatori. Qui siamo alla processione iù evocata, quella di Sant'Antonio) che richiamano le quattro virtù cardinali: la Giustizia (la bilancia), la Prudenza (la sapienza), la Temperanza (equilibrio), la Fortezza (la roccaforte)

E qui la interpretiamo nel periodo intermedio che va dal tardo Rinascimento al Barocco. Significativa è anche la sequenza che il pittore vuole dare del Manenti, come se volesse trascinarlo, proiettarlo in quel periodo susseguente al Rinascimento (il Barocco) che già dominava l'epoca, in Europa, mentre il nostro Manenti era rimasto alla scuola precedente. Il Manenti ha un'espressione timida, sembra quasi spaesato, come a rimarcare l'estraneità nel contesto odierno, quasi volesse dire, rimettetemi nel mio tempo, qui sono fuori tempo, mentre il pittore lo tiene ancorato alla sua pittura, ai suoi colori con questo quadro. Ma il centro della scena è un altro personaggio orviniese, che il pittore pone in un svra piano, come distaccato dai quattro elementi ma senza sminuire la rappresentazione, lui volge lo sguardo all'avvenire, ha già visto e superato il passaggio, il passato dei quattro uomini (le virtù sono tornate fisicità) e fissando l'approssimarsi del Santo, guada in avanti. Esprime qui il personaggio tutto il suo pensiero filosofico, che si racchiude nella frase riportata...nel firmamento pittorico: "stò all'appomissu!" Mi sono messo in un punto strategico di osservazione e riparo, che posso guardare in lontananza (orizzonte) senza condizionamenti (riparato dalle intemperie), che invece voi umani vi portate dentro," Qui c'è tutta la nostalgia e simpatia orviniese verso gli umili, ma saggi, che nella Comunità trovano amore e risalto.


LA DUALITA' UMANO/DIVINO


Segue un'altra trasposizione pittorica presa a prestito da altro capolavoro del Caravaggio (dove le quattro virtù cedono la scena alla dualità umana e divina): il sacrificio di Isacco. Questo è un particolare della scena, dove l'Angelo (il divino) si avvicina ad Abramo per dirgli che Dio ha accolto l'ubbidienza di Abramo (doveva sacrificare il suo figlio primogenito) e quindi in riconoscenza accetta che venga sacrificato in sua vece un agnello. I due soggetto orviniesi rappresentati, sono due donne anziane riprese in una anonima conversazione, in fila sedute presso l'Ufficio Postale. La postura della donna a sinistra è quella dell'angelo che parla all'orecchio di Abramo, mentre a destra vediamo la stessa torsione di Abramo verso l'Angelo, incarnata dall'altra donna anziana. Per simbologia, notiamo la pecora, portata dall'Angelo, che sostituisce il sacrificio di Isacco, evidenziato dal bollettino/sacrificio umano da pagare di Abramo.

Questo è un altro riferimento, orviniese, dove la semplicità di un gesto anonimo, di due persone anziane, quindi fragili, viene colto dall'artista come fosse una carezza alla semplicità e alla genuinità di un'immagine profana di un sacro rappresentato


LA TRINITA'


Terminiamo questa narrazione delle confraternite, con altro riferimento teologico, e dalla dualità Divino/Umano torniamo al mistero principe della religione cristiana: il mistero della Trinità, uno e trino. Il padre, un confratello rappresentato da altro orviniese, che giganteggia con l'espressione del viso e con la possanza del corpo, sorregge il mondo, e con la forza delle Sue mani lo sostiene (lo stendardo è la Terra) facendo scivolare sulla mano del Figlio, un nostro vivacissimo bambino, la fune che la dirige, e la lega al Divino che l'ha creata. E' infatti il Figlio Gesù che scende sulla terra per amarci, ed il proseguimento della fune, per l'artista va oltre fino ad accarezzare ed a posarsi dolcemente sul collo del cane. Elegante e bella questa trasmissione con la fune! E' un fluire, un passaggio dell'amore dal Padre verso il Figlio Gesù, verso l'umanità, che scorre e viene donato al popolo, al cane simbolo di Orvinio. Orvinio=Israele! Termina la simbologia della Trinità con lo Spirito Santo, la colomba sul colletto del bambino. L'altro confratello, un orviniese dal forte temperamento, con le vesti della Confraternita del Santissimo Sacramento, qui rappresenta Tertulliano, lo scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, che fu un grande teologo ad esprimere per primo la teologia trinitaria. L'espressione del viso di Tertulliano, pare audace, ma ferma nell'incrociare lo sguardo del Dio Padre, che pare compiacersi della verità emanata, pur mantenendo la solennità del suo viso. Notiamo qui in particolare una somiglianza con il quadro di Raffaello, la Scuola di Atene, dove l'avanzare del confratello blu (il Padre), con lo stendardo, la Terra, è lo stesso movimento di Platone, che indica con la mano destra l'alto, le idee, il bene e con la sinistra tiene il Timeo. Nella postura e torsione della due mani, possiamo rappresentare il mondo e la sua interezza, che il Padre, guida in cammino. Bellissimo questo incrocio, il guardarsi dei due confratelli, la curiosità del bambino, la postura del cane ed in basso a sinistra, l'allegoria del peccato, il serpente, che verrà calpestato. 

Nei cinque soggetti, ognuna ha una direzione propria ma tutti si muovono nella stessa cornice rappresentativa.

Questa è un'abilità artistica, che fa il paio con i personaggi appena accennati sullo sfondo nero, che scesi dal drappo dello stendardo (la Terra) diventano umani in mezzo agli umani e chiudono la processione e la rappresentazione paesana di Orvinio con il suo cane, simbolo in primo piano.

Questa sovrapposizione conclusiva con le figure di Aristotele e Platone sui visi dei due confratelli è una finestra con una tenda trasparente. Come se l'artista volesse invitare lo spettatore a guardare fuori oltre la leggerezza della tenda lo spettacolo della processione, esterno al corpo osservante ma intimo nell'animo e nell'occhio di una camera fotografica. 

SIAMO FATTI DELLA STESSA SOSTANZA DEI SOGNI, E NELLO SPAZIO E NEL TEMPO DI UN SOGNO E' RACCOLTA LA NOSTRA ESISTENZA: l'arte nutre i sogni e la fantasia!

                                                                                                                            PIETRO ATTILIA