ACRILICI IN VERSI di Gianni Forte e Pietro Attilia
Recensione mostra evento: ACRILICI IN VERSI a cura di Pietro Attilia
E' uno spaccato di vita, costume , tradizione religiosa, che avvolge tutto il paese e lo lega alle sue radici ed al suo territorio. Queste non sono immagini che entrano in una chiesa, ma è la Chiesa che esce dal suo perimetro e tenta un approccio culturale, umano, possiamo dire culturale, umano, possiamo dire sociale, che lega gli esseri nel nostro sentire più intimo, sia esso laico o religioso, personale, ma al contempo, impersonale ed indistinto, dove ..Tutti quelli di Orvinio...si riconoscono.
Questa personale dell'artista, diventa all'uopo una splendida scenografia di noi orviniesi, e possiamo dire, come il cantautore De Gregori cantava....la storia siamo noi...qui siamo NOI, e il pennello di Gianni, la immortala in questa splendida location di San Giacomo.
Quando si dice che la pittura è poesia silenziosa, e la poesia è pittura che parla è pittura che parla, vengono toccati i nostri primi due sensi: l'occhio vede..il bello..., l'orecchio sente..la bellezza, e noi al contrario di quello che si banalizza, noi siamo quello che mangiamo, noi siamo quello che vediamo e quello che sentiamo.
Per questo a cornice della pittura, alcune delle più belle poesie scritte dai più grandi poeti del passato sono state interpretate e proiettate durante il periodo della mostra.
Ci piace fissare in immagine questo evento con una celebre frase di Shakespeare poi ripresa da tanti:
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, e nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita.
PIETRO ATTILIA
LA MADONNA DI VALLEBONA E LE CONFRATERNITE
Qui il pittore, sempre innamorato del Caravaggio, ha voluto riproporre la rappresentazione di un'altra opera, la Madonna dei Pellegrini (visibile nella Chiesa di Sant'Agostino a Roma). In questo quadro c'è una raffinata sovrapposizione con due figure nello stesso personaggio, prestato dall'altro (l'Angelo di San Matteo). E' la figura del caro zio Armando (in posa come San Matteo) che ascoltato l'Angelo, rappresentato da un altro mitico concittadino, Franco chiamato Spartaco e qui (dove avviene la sopvrapposizione) zio Armando (San Matteo) rivolgendo le sguardo in ammirazione, ritorna in ginocchio pellegrino, assieme all'altro pellegrino, il nostro amatissimo Renato. E sono i nostri Confratelli ad adorare la Madonna di Vallebona, sostituita con la Vergine del Caravaggio (abile gioco di Gianni)
L'animale in basso è Betty, una cagnolina molto coccolata in paese.
CONFRATERNITA IN PROCESSIONE CON LE AUTORITA'
A sinistra dei due confratelli in ginocchio, abbiamo la testa della processione di una Confraternita (i blu del Gonfalone) prossimi al centro , vicini alla...meta, ai due pellegrini seguiti dalle autorità.
CONFRATELLI IN PROCESSIONE CON SOMARO
IL TRITTICO
GLI EVANGELISTI
La scenografia è movimento e questi quadri non sono solo vitali e parlano, ma tutta la gestualità dei personaggi è un racconto di attori che si muovono sul loro palcoscenico più vivo e naturale. Il colpo d'occhio d'insieme con l'alternarsi e il combinarsi dei colori, dei volumi delle figure, con i contrasti di scuri e luce è sorprendente, bello e gradevole, che appaga gli occhi e l'anima dello spettatore.
Ora facciamo un piccolo preambolo, il tetramorfo (dal greco antico quattro) secondo San Gerolamo, sintetizza la totalità del mistero cristiano rappresentato con i quattro Evangelisti: la Passione, il bue è San Luca; l'Incarnazione, l'uomo alato l'Angelo è San Matteo; la Resurrezione, il leone è San Marco; l'Ascensione, l'aquila è San Giovanni.
SAN LUCA
La perfezione dell'espressione, rubata al rappresentato e cestita dei colori (notate il parallelo di movimentazione dell'animale e del cromatismo della tavola) ci riporta ad un opera del Caravaggio (la conversione di Saulo).
SAN MATTEO
SAN MARCO
SAN GIOVANNI
SAN PAOLO L'EREMITA E SANT'ANTONIO ABATE
Ora ingannando la nostra visione ottica i due Santi diventano due personaggi reali e a noi vicini. San Paolo è interpretato da un personaggio enigmatico e solitario che racchiude nelle sue mani congiunte la forza interiore, acerba, potente e genuina per ispirarsi a quel luogo sacro (Vallebona e lu Romitu, una sua lirica) tenendo a se un pettirosso (altra sua poesia) immagine di amore e libertà.
L'altro personaggio che ha preso il posto di Sant'Antonio Abate si esprime in contemplazione e ammirazione dell'altro luogo anch'esso sacro (Petra Demone) da cui attinge memorie e ricordi che gelosamente custodisce nel suo baule dove è seduto. Il geco aggrappato per le comunità primitive è un simbolo di comunione tra il mondo dei morti e quello dei vivi, mentre il liuto, appoggiato sulle gambe (qui c'è un riferimento a Caravaggio e al giovane con il liuto), richiama il giorno della festa di Sant'Antonio Abate, dove una tradizione popolare vuole che i "bottari" suonino la musica per allontanare il demonio. I bottari perché costruivano e usavano le botti, hanno usato le stesse e strumenti simili per procurare, battendole, quel suono che oltre al maligno, teneva lontano anche gli animali pericolosi per l'uomo e a salvaguardia del suo raccolto. Il lupo, poi, tra i due li accomuna nella fierezza del carattere. Con l'abbigliamento dei due personaggi nei colori usati dal Manenti, ma reali e quotidiani, a questo punto, è come se Gianni li volesse. far uscire dal sacro incantesimo per riportarli alla vita di tutti i giorni qui a Orvinio.
LE QUATTRO VIRTU' CARDINALI
E qui la interpretiamo nel periodo intermedio che va dal tardo Rinascimento al Barocco. Significativa è anche la sequenza che il pittore vuole dare del Manenti, come se volesse trascinarlo, proiettarlo in quel periodo susseguente al Rinascimento (il Barocco) che già dominava l'epoca, in Europa, mentre il nostro Manenti era rimasto alla scuola precedente. Il Manenti ha un'espressione timida, sembra quasi spaesato, come a rimarcare l'estraneità nel contesto odierno, quasi volesse dire, rimettetemi nel mio tempo, qui sono fuori tempo, mentre il pittore lo tiene ancorato alla sua pittura, ai suoi colori con questo quadro. Ma il centro della scena è un altro personaggio orviniese, che il pittore pone in un svra piano, come distaccato dai quattro elementi ma senza sminuire la rappresentazione, lui volge lo sguardo all'avvenire, ha già visto e superato il passaggio, il passato dei quattro uomini (le virtù sono tornate fisicità) e fissando l'approssimarsi del Santo, guada in avanti. Esprime qui il personaggio tutto il suo pensiero filosofico, che si racchiude nella frase riportata...nel firmamento pittorico: "stò all'appomissu!" Mi sono messo in un punto strategico di osservazione e riparo, che posso guardare in lontananza (orizzonte) senza condizionamenti (riparato dalle intemperie), che invece voi umani vi portate dentro," Qui c'è tutta la nostalgia e simpatia orviniese verso gli umili, ma saggi, che nella Comunità trovano amore e risalto.
LA DUALITA' UMANO/DIVINO
Questo è un altro riferimento, orviniese, dove la semplicità di un gesto anonimo, di due persone anziane, quindi fragili, viene colto dall'artista come fosse una carezza alla semplicità e alla genuinità di un'immagine profana di un sacro rappresentato
LA TRINITA'
Terminiamo questa narrazione delle confraternite, con altro riferimento teologico, e dalla dualità Divino/Umano torniamo al mistero principe della religione cristiana: il mistero della Trinità, uno e trino. Il padre, un confratello rappresentato da altro orviniese, che giganteggia con l'espressione del viso e con la possanza del corpo, sorregge il mondo, e con la forza delle Sue mani lo sostiene (lo stendardo è la Terra) facendo scivolare sulla mano del Figlio, un nostro vivacissimo bambino, la fune che la dirige, e la lega al Divino che l'ha creata. E' infatti il Figlio Gesù che scende sulla terra per amarci, ed il proseguimento della fune, per l'artista va oltre fino ad accarezzare ed a posarsi dolcemente sul collo del cane. Elegante e bella questa trasmissione con la fune! E' un fluire, un passaggio dell'amore dal Padre verso il Figlio Gesù, verso l'umanità, che scorre e viene donato al popolo, al cane simbolo di Orvinio. Orvinio=Israele! Termina la simbologia della Trinità con lo Spirito Santo, la colomba sul colletto del bambino. L'altro confratello, un orviniese dal forte temperamento, con le vesti della Confraternita del Santissimo Sacramento, qui rappresenta Tertulliano, lo scrittore romano, filosofo e apologeta cristiano, che fu un grande teologo ad esprimere per primo la teologia trinitaria. L'espressione del viso di Tertulliano, pare audace, ma ferma nell'incrociare lo sguardo del Dio Padre, che pare compiacersi della verità emanata, pur mantenendo la solennità del suo viso. Notiamo qui in particolare una somiglianza con il quadro di Raffaello, la Scuola di Atene, dove l'avanzare del confratello blu (il Padre), con lo stendardo, la Terra, è lo stesso movimento di Platone, che indica con la mano destra l'alto, le idee, il bene e con la sinistra tiene il Timeo. Nella postura e torsione della due mani, possiamo rappresentare il mondo e la sua interezza, che il Padre, guida in cammino. Bellissimo questo incrocio, il guardarsi dei due confratelli, la curiosità del bambino, la postura del cane ed in basso a sinistra, l'allegoria del peccato, il serpente, che verrà calpestato.
Nei cinque soggetti, ognuna ha una direzione propria ma tutti si muovono nella stessa cornice rappresentativa.
Questa è un'abilità artistica, che fa il paio con i personaggi appena accennati sullo sfondo nero, che scesi dal drappo dello stendardo (la Terra) diventano umani in mezzo agli umani e chiudono la processione e la rappresentazione paesana di Orvinio con il suo cane, simbolo in primo piano.
Questa sovrapposizione conclusiva con le figure di Aristotele e Platone sui visi dei due confratelli è una finestra con una tenda trasparente. Come se l'artista volesse invitare lo spettatore a guardare fuori oltre la leggerezza della tenda lo spettacolo della processione, esterno al corpo osservante ma intimo nell'animo e nell'occhio di una camera fotografica.
SIAMO FATTI DELLA STESSA SOSTANZA DEI SOGNI, E NELLO SPAZIO E NEL TEMPO DI UN SOGNO E' RACCOLTA LA NOSTRA ESISTENZA: l'arte nutre i sogni e la fantasia!
PIETRO ATTILIA
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