27 agosto 2021

Leonardi luigi

 Nato a Orvinio, domiciliato a Poggio Mirteto di professione calzolaio, d’anni 36.

Nel 1859 fece parte come volontario in Perugia, dove combattè il 20 giugno contro i mercenari svizzeri dell’aborrito Pontefice.

Nel 1860 come volontario nei Cacciatori del Tevere sotto il comando del generale Masi.

Nel 1867 si trovava in Alessandria d’Egitto, da dove partì per raggiungere i volontari garibaldini, sotto il comando del colonnello Frigesi; moriva da prode il 3 novembre 1867


Il Monastero Benedettino di S. Salvatore Minore

 Il Monastero sorgeva a 4 chilometri da Scandriglia e fu fondato da San Domenico da Sora.

Questo Santo ricordiamolo, prese l’abito monacale nel monastero di Santa Maria, nel Castrum di Petra Demone. Per avere notizie sulla vita di San Domenico, abbiamo gli scritti del monaco Alberico (vissuto circa 1000 anni fa) che intervistò persone che durante la loro vita conobbero o addirittura vissero con San Domenico. La Biografia di Alberico naturalmente ci parla anche di quando il marchese Uberto andò a trovare San Domenico che conduceva vita solitaria sulla montagna sopra Petra Demone. Ma lasciamo parlare Alberico: ”Piacque talmente la santità di Domenico che lo supplicò, con preghiere insistenti e continue, perché si interessasse ad edificare in qualunque posto del suo territorio che gli sembrasse più adatto, un monastero per i servi di Dio. Il marchese non si stancò di supplicare insistentemente fino a quando non ottenne da Domenico quanto richiesto. E così Domenico costruì in Scandriglia un Monastero che volle fosse dedicato a Cristo Salvatore. Il marchese concesse ad esso una dotazione atta a soddisfare qualsiasi futura necessità e che ancora oggi alimenta con larghezza un numero non piccolo di monaci. Dopo aver costruito quindi un monastero ed avervi riunito molti fratelli, stabilì che uno di essi, di nome Costanzo, uomo molto preparato a questo compito per vita, per scienza e per capacità di parlare, facesse da superiore”, Domenico invece si trasferì insieme a un certo Giovanni sul monte Pizzi in solitudine.

Dunque il monastero fu fatto costruire da marchese Uberto sulle sue terre, Dedicato al Salvatore, fu intitolato Minore per distinguerlo da quello di San Salvatore Maggiore. Il primo abate del monastero di Scandriglia (costruito secondo una pianta rettangolare) fu proprio San Domenico.

Al piano terra del monastero c’erano le officine, al piano superiore le stanze dei religiosi. Il monastero contava due cortili. La chiesa situata a sinistra dell’ingresso principale aveva 3 altari ed alcune nicchie con arredi in marmo ed in legno. L’altare maggiore, con il tabernacolo al centro, aveva decorazioni e miniature dei 4 evangelisti, c’era inoltre l’altare di San Benedetto con quadro e quello dell’Ascensione di Gesù Cristo. Con il passare degli anni la chiesa si arricchì di vari lavori ed opere d’arte come il quadro della Vergine di Farfa tra i SS. Benedetto e Scolastica, di un quadro del Crocifisso ecc. Le notizie storiche che seguono sono tratte Scandriglia di Umberto Massimiani. Nel 1083 il conte Todino cedeva all’Abate di Farfa i castelli di Petra Demone e Scandriglia con le relative chiese e monasteri, che furono dichiarati inalienabili e confermati nel diploma dell’imperatore Enrico IV (1050-1106). L’inalienabilità del patrimonio causò contrasti e lotte con usurpazioni di terre. 


DA CORE A TIVOLI – APPUNTI DI LUIGI MORANDI

 I piccoli paesi di Monticelli e Sant’Angelo a pochi chilometri da Tivoli erano occupati da tre battaglioni del tenente colonnello Paggi, il quale si pose agli ordini di Pianciani. E fu buona ventura codesta, perché il nemico si disponeva ad attaccar Monticelli. Pianciani ordinò al Paggi di lasciare un battaglione sulle alture e di avanzarsi verso verso Tivoli con gli altri due.. Il nemico sospese la marcia nella pianura e ce ne fecero accorti i fuochi notturni, Sull’imbrunire anche l’altro battaglione ebbe l’ordine di recarsi a Tivoli; e alle 5 antimeridiane del giorno 6, S.Angelo e Monticelli venivano occupati dal nemico, che trovò casa vuota. Nella notte, tutti i nostri ufficiali superiori si riunirono a consiglio e deliberarono di abbandonare Tivoli ordinatamente, prendendo la via di Arsoli e le alture di Rio Freddo e Vallinfreda, per appoggiarsi al confine italiano di Orvinio, e là aspettare istruzioni e notizie sicure.

Alle 9 del 6 novembre 1867, la colonna composta di 4 battaglioni, si poneva in marcia con ordine perfetto.

La città era nello squallore; ma la Guardia nazionale stava sotto le armi e promise di mantenere alta la sua bandiera, finché avesse potuto, e in ogni modo, di conservarla, per rialzarla di nuovo e per sempre.

Una trentina di cittadini di Tivoli e de’ vicini paesi, ci seguirono, emigrando volontariamente.

All’una pomeridiana eravamo a Vicovaro; alle 4 ad Arsoli, dove si pernottò. Alle 3 pomeridiane del giorno 8, dopo una marcia sempre ordinata, ma oltremodo faticosa, su per quei monti privi affatto di strade, giungevamo a Vallinfreda, dove risapemmo che Garibaldi stava sotto buona custodia alla  Spezia, e che le truppe italiane avevano sgombrato il territorio pontificio, in cui non restavamo che noi e i pochi volontari comandati dall’Orsini.

Una colonna di 2000 Francesi ci pedinava, occupando successivamente i luoghi da noi abbandonati; non osava tuttavia attaccarci, dacchè noi avevamo sempre posizioni vantaggiose sulle alture, da dove anche le sassate avrebbero fatto meraviglie quanto gli chassepots.

Il restare più a lungo nel territorio nemico sarebbe stata follia.

Ma innanzi di ripassare il confine, si convenne con l’Autorità politica di Orvinio, affinché ai volontari venissero usati i maggiori riguardi.

Pianciani dettò un ordine del giorno, che fu letto tra vivissimi applausi; dacché esprimeva fedelmente le idee di tutti i volontari. 

Alle 10 del mattino il colonnello passava il confine, e al sindaco di Orvinio (Vincenzo Segni) e al Delegato di Orvinio, che gli erano venuti incontro, diresse queste precise parole: “ Io intendo di fare una formale dichiarazione. Al di là del Confine, noi siamo stati soldati della rivoluzione romana; di qua siamo cittadini ossequienti alle leggi del Governo italiano.” Ciò detto si discinse la sciabola e la presentò al sindaco, il quale, commosso, la rifiutò.

Alle sette della sera, al grido di  “Viva l’Italia!” “Viva Garibaldi!”, “Viva il nostro colonnello!”, i quattro Battaglioni deposero le armi, non senza qualche lagrima che invano taluni sforzavansi di celare!

La marcia lunga e disagiata aveva pure avuto qualcosa d’ameno.

Un frate piemontese che ci seguiva, ad ogni quattro passi sfoderava una predica, e diceva roba da chiedi contro il Papa, i Gesuiti, ecc, ecc, ai volontari e ai contadini che stavano a bocca aperta a sentirlo. Per lui il predicare ogni momento era un bisogno, come ne’ cani (Dio mi perdoni il paragone!) quell’abitudine che tutti sanno.




 Circolare indirizzata da mons. Canali al Vicario di Canemorto su alcuni abusi annotati durante la visita pastorale. Rieti 20 giugno 1835.


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Prospetto generale dei paesi della Diocesi Sabina quale risulta dagli atti della visita Odescalchi (1833-’36)


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                               Canemorto:

abitanti 1390

sacerdoti        2

chiese        6

parrocchie        1

cappellanie        1

confraternite        2

ospedali        1

monti frumentari -

maestri        1

chierici        4

seminaristi        3

case di religiosi -

religiosi         -

case di monache 1

monache         2

eremiti 2

oratori -

altari 5

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CANEMORTO

Era feudo del principe Borghese. Residenza di un governatore. “E’ comune principale. Evvi la Brigata dei Bersaglieri, che molto inquietano la popolazione, ed il Parroco”. Residenza del vicario foraneo, che “una volta risiedeva a Pozzaglia che reclama quest’onore”.

 

Introduzione alla visita

Mons. Canali vi giunse nel pomeriggio del 24 settembre 1836 proveniente da Poggio Moiano. Il viaggio fu molto disagevole per la “pessima strada”.

Fuori del paese venne accolto dal parroco, dalla popolazione, dai bersaglieri e dalla banda musicale. Alloggiò presso l’avvocato Gregorio Morelli.

La mattina del 26 partì per Petescia. Dopo aver visitato le parrocchie di Montorio in Valle e Pozzaglia, ritornò a Canemorto il giorno 1 ottobre “per sistemare il controverso luogo per la fabbrica della nuova chiesa”. In tale occasione il prelato prese visione della documentazione presentata dagli architetti Raimondi e Valadier.

A causa di una pioggia dirotta dovette trattenersi fino al giorno 4 ottobre quando partì per Scandriglia.

Popolazione

Anime 1390. I confini della parrocchia coincidono con quelli del comune.

Assistenza ostetrica: 1 levatrice: Maria Angela Segni.


Clero

Don Giuseppe Giammattei di anni ventisette di Canemorto nominato parroco dall’Odescalchi.

Don Giacomo Francorsi di anni cinquantaquattro di Canemorto maestro di scuola di “ottimi costumi”.

Chierici minori: Fabri Domenico di anni ventidue, Mastrangeli Fausto di anni diciannove, Bernabei Vincenzo di  anni venti tutti presso il seminario di Magliano.

Chierico coniugato: Felice Francorsi con mansione di segretario della parrocchia.

Eremiti: Angelo Persiani in S. Maria del Piano ambedue di anni sessanta.


Stato materiale delle Chiese

Per il titolo della chiesa parrocchiale si ha una difformità. Infatti, mentre nel prospetto generale riportato da convisitatore si identifica il titolare in S. Nicola di Bari, il parroco nelle sue risposte ai quesiti afferma: “La Chiesa parrocchiale di Canemorto in Sabina ha titolare l’Arcivescovo di Mira S, Niccola (sic): fu consacrata nel dì 31 marzo 1536 da Monsignor Santorelli e si sa che d’essa fu riedificata nell’anno 1530 e nell’anno poi 1680 venne ridotta alla forma, in cui oggi si vede, e dietro istanza di. Questa illustre Comunità fu dall’Abbate Nuro (?) di chiara memoria accresciuta nel 1716 di due retrostanze, di una sagrestia, e di altre tre stanze sovraposte”.

La manutenzione, per decreto della Sacra Congregazione del Concilio in data 13 maggio 1679, spetta all’Abate pro tempore della chiesa di S. Maria del Piano “godendone quegli tutto l’utile della decime in circa annui scudi 900. Dalla morte dell’Abate Gaspare Gaffarelli, non è stato eletto altri e, quindi, non si provvede alla chiesa”.

La chiesa ha cinque altari. L’altare maggiore dedicato a S. Nicola di jus  patronato della confraternita del SS. Sacramento. Altari della Madonna delle Grazie, di S. Rocco, della SS. Trinità eretto nel 1709 da Caterina Basilici; altare della Madonna del Suffragio eretto nel 1718 da don Giacomo Marcangeli e di jus patronato della sua famiglia.

Chiesa di S. Maria dei Raccomandati, una volta dei padri conventuali venne in possesso della comunità il 14 maggio del 1816 con strumento notarile del notaio Domenico Marcangeli di Canemorto. Vi è eretta la confraternita del. Confalone. Ha cinque altari. Madonna dei Raccomandati, s. Antonio da Padova, S. Lucia, Madonna del Rosario, S. Francesco d’Assisi. Ha il campanile con tre campone. Non ha battistero. Vi è il cimitero contiguo al coro, ma “sono più di venti anni che non vi è stato sepolto alcuno”.

Poco distante dal paese vi è la chiesa di S. Giacomo Maggiore di jus patronato del principe Borghese.

Santuario della Madonna di Vallebona “eretto dalla discreta pità del popolo fin dal principio de 1600 sulle ruine del castello diruto di tal nome”.

Poco distante dal santuario c’è la chiesa di S. Giovanni Battista. 

Chiesa di S. Maria del Piano tenuta un tempo dai Padri Benedettini, ma attualmente quasi abbandonata al punto che “la fabbrica è in cattivo stato”.


Stato patrimoniale delle chiese

“Il parroco non ha altra rendita di quella di scudi 100 che gli vengono annualmente pagati sulla rendita dovuta all’abate commendatario il quale percepisce l’intiera rendita vistosa della Badia”.

“Essendo la casa parrocchiale sfornita di tutto” e in pessimo stato, il parroco risiede nella abitazione di famiglia.

Vi sono soltanto benefici semplici: quello del Purgatorio attualmente vagante e quello della SS. Trinità.


Congregazioni laicali

Compagnia del SS: Sacramento istituita il 25 giugno 1585. La divisa era composta da sacco bianco con rocchetti rossi ai lati di color paonazzo, ossia celeste. Era aggregata alla omonima compagnia della Minerva in Roma.

Contava cento iscritti e aveva un reddito annuao di scudi cinquanta.

Compagnia del Confalone e dello Spirito Santo eretta nel 1660, riunite il giorno 8 ottobre 1822 da mons. Foscolo, aggregata all’arciconfraternita di S. Lucia in Roma.

Pia unione di Sorelle della Carità istituita in occasione delle missioni del 1807 con approvazione del vesovo diocesano con lo scopo di accudire agli ammalati.


Vita cristiana

Dottrina cristiana: durante il periodo invernale, contrariamente all’estivo, intervengono molti. Si usufruisce dell’aiuto delle Maestre Pie.

Devozioni popolari: nel settembre 1834 venne introdotta una processione in onore di S. Filomena dietro il dono di una reliquia della santa e di un suo quadro fatto da monsignor Anselmo Basilici.

Dal 20. Giugno 1832 fu introdotta la novena a S. Filippo Neri il cui giorno di festa è di precetto come a Roma.