VILLA DI ORAZIO
Orazio nel 33 a.C. riceve in dono dalla liberalita’ di
Mecenate una piccola tenuta nella Sabina: il poeta ha raggiunto cosi’ il massimo dei
suoi desideri: un terreno non troppo grande, un giardino, una sorgente vicino
alla casa, un po’ di bosco; ora non chiede altro che Mercurio renda stabili
questi beni. Nella sua dimora agreste trovera’ tranquillita’ e riposo.
A Roma la vita e’ assillante: impegni d’ogni genere,
seccature, raccomandazioni che, per la sua amicizia con Mecenate gli vengono
sollecitate da ogni parte. Le giornate
trascorse cosi’ inutilmente fanno ancora piu’ avvertire al poeta il
desiderio del rifugio nella sua villa sabina: la quieta lettura dei libri
preferiti, il riposo, il piacere di una mensa frugale, le serate, le cene con
gli amici, le bevute e le piacevoli conversazioni.
Per dimostrare quante pene e ansieta’ apportano le
ricchezze, Cervio, un vicino, racconta la favola di un topo di campagna che
aveva invitato nella sua tana un topo di citta’, suo amico, e si era lasciato persuadere che vivere in
citta’ era preferibile a passare
l’esistenza nella solitudine, fra i boschi; Tutti dobbiamo morire: e’ bene
assaporare le gioie della vita finche’ c’e’ tempo; e cosi’ il topo campagnolo
se ne era andato con l’amico in citta. Entrato nella sala da pranzo di un
palazzo, adagiato su di un divano coperto di porpora, gustava soddisfatto
vivande d’ogni tipo, quando, all’improvviso, un rumore di porte fa balzare dal
triclinio i due compagni e li fa correre terrorizzati per tutta la sala, mentre
un latrare di cani molossi risuona per l’alta dimora. A questo punto il topo di
campagna: “Questa vita non fa per me” dice “ti saluto, ritorno al mio bosco e
alla mia tana, al sicuro dai pericoli; ritorno ai miei miseri legumi e alla mia
pace”..
L’apologo dei due topi, conclusivo
della satira esprime in sintesi la morale oraziana: la serenita’ e la sicurezza
di una vita semplice, nella rinuncia di tutto cio’ che puo’ angustiarla, sono
il bene piu’ grande per l’uomo, e costituiscono la salvaguardia della sua saggezza
e della sua indipendenza.
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