02 dicembre 2014

VILLA DI ORAZIO


Orazio nel 33 a.C. riceve in dono dalla liberalita’ di Mecenate una piccola tenuta nella Sabina: il poeta ha raggiunto cosi’ il massimo dei suoi desideri: un terreno non troppo grande, un giardino, una sorgente vicino alla casa, un po’ di bosco; ora non chiede altro che Mercurio renda stabili questi beni. Nella sua dimora agreste trovera’ tranquillita’ e riposo.
A Roma la vita e’ assillante: impegni d’ogni genere, seccature, raccomandazioni che, per la sua amicizia con Mecenate gli vengono sollecitate da ogni parte. Le giornate  trascorse cosi’ inutilmente fanno ancora piu’ avvertire al poeta il desiderio del rifugio nella sua villa sabina: la quieta lettura dei libri preferiti, il riposo, il piacere di una mensa frugale, le serate, le cene con gli amici, le bevute e le piacevoli conversazioni.
Per dimostrare quante pene e ansieta’ apportano le ricchezze, Cervio, un vicino, racconta la favola di un topo di campagna che aveva invitato nella sua tana un topo di citta’, suo amico, e si era  lasciato persuadere che vivere in citta’ era preferibile a  passare l’esistenza nella solitudine, fra i boschi; Tutti dobbiamo morire: e’ bene assaporare le gioie della vita finche’ c’e’ tempo; e cosi’ il topo campagnolo se ne era andato con l’amico in citta. Entrato nella sala da pranzo di un palazzo, adagiato su di un divano coperto di porpora, gustava soddisfatto vivande d’ogni tipo, quando, all’improvviso, un rumore di porte fa balzare dal triclinio i due compagni e li fa correre terrorizzati per tutta la sala, mentre un latrare di cani molossi risuona per l’alta dimora. A questo punto il topo di campagna: “Questa vita non fa per me” dice “ti saluto, ritorno al mio bosco e alla mia tana, al sicuro dai pericoli; ritorno ai miei miseri legumi e alla mia pace”..
L’apologo dei due topi, conclusivo della satira esprime in sintesi la morale oraziana: la serenita’ e la sicurezza di una vita semplice, nella rinuncia di tutto cio’ che puo’ angustiarla, sono il bene piu’ grande per l’uomo, e costituiscono la salvaguardia della sua saggezza e della sua indipendenza.