07 novembre 2005

Narrazione Istorica

A' 28 del Mese di Luglio dell'Anno 1769, quando in Canemorto Luogo di Montagna si sta ordinariamente sulla Mietitura, si adunò quivi il piccolo Consiglio, detto de' 40. In esso venne proposto che saputosi e per andata generalmente male la raccolta del Grano per non soggiacere a qualche strettezza nel tempo avvenire era d’uopo di proibire l’estrazione del Grano da detta Terra, ed ordinare insieme che sin’attanto la Comunita’ avesse potuto aver Denaro fosse stata preferita nella compra di esso a qualunque Particolare, come in fatti fu da tutti i Consiglieri risoluto ed pubblici Rappresentanti Priori di quel tempo Ercole Antonio Fabri, Nicolangelo Cervelli, Giambattista Lalli e Giacomo Bernabei non mancarono di fare le necessarie ricerche per trovar Denaro a Censo ne’ luoghi piu’ Con vicini.
La necessita’ di que ch’erano pressati da’ loro particolari Creditori o a rendergli in risconto de’ debiti il grano, o a pagar a loro il dovuto denaro, non permetteva di farlo ricercar in Roma, d’onde non si sarebbe sennon troppo tardi ottenuto.
Furon vane le ricerche fatte fuori del Paese.
Fu parinteso bensi’ che nel Paese stesso un tal fu’ Filippo Lalli avrebbe dato a Censo il Denaro occorrente per le provvisioni che si voleano fare, quante volte, non i secolari comunisti a quali, diceva di non aver tutto il Credito, per le mancanze in altre occasioni da loro fattegli, ma’ tre Sacerdoti alla Dignita’ de’ quali soltanto dicea conservar egli tutta la dovuta stima, si fossero obbligati di pagarne l’Interesse di un 5 per 100.
A tal voce, i Priori con il Giudice di quel tempo il fu Sig. Sebastiani si portarono uniti a pregare per tale intercessione il Sig. Arciprete Amadei, Don Andrea Taschetti, e Don Ascanio Fabri come che avevano col detto Lalli piu’ accesso di qualunque altro.
Non senza una naturale ripugnanza si vedean questi tre Sacerdoti in tal maniera costretti a cedere a tali convenientissime istanze.
Quasi di queste fossero un Pasce Agnos meos di Cristo a S. Pietro, qui ter hoc modo examinatus Iussionem triplicem accepit Doctrina verbo, Vita exemplo, ac subsidio temporali oves sibi creditas procurandi, obbligatisi un di loro tre Sacerdoti per principale, e gli altri Due per Sicurta’, ottennero dal detto Lalli la somma di scudi 400 coll’interesse anzidetto annuo; ed immediatamente la consegnarono di mano in mano a’ medesimi allora attuali pubblici rappresentanti Priori.
Questi ne vennero comprando grano pagandolo buona parte a ragione di scudi ( o baj) 6 al Rubbio, e parte a scudi (o baj) 8.
Lo tennero custodito ne’ pubblici granari sin attanto durò il loro ufficio, e sin che per chiarezza del rendimento de’ loro conti, per non unirlo colla massa del grano del monte comunicativo, fu d’uopo di trasportarlo in altro particolare Granaro appartenente alla S. Cappella di S. Rocco, ritenendo la chiave presso di loro per riserbarlo all’opportunita’ del piu’ urgente bisogno.
Prima pero’ che arrivasse una tale urgenza lo stesso Giudice si fece un dovere di pensare un modo da tenersi per far sicuri da ogni minimo pregiudizio, o rimessa del proprio, i tre obbligati Sacerdoti, a fargli soggiacere all’obbligo da essi fatto piu’ breve tempo che fosse stato possibile.
Questa giusta mira non aveva luogo se si fosse ricorso alla stipolazione d’un Istromento.
Per la detta stipolazione occorreva la spesa di uno scudo per cento, come si asseriva.: Chi aveva dato il denaro affidato tutto all’integrita’ Sacerdotale, diceva che per Lui non era necessaria una tale spesa: Non era giusto che la facesse tutta la stessa Comunita’, molto meno ch’avessero avuto a pagar del proprio la loro rata i Sacerdoti che da un tale Contratto non erano per ricevere alcun utile.
Oltre di che essi dall’Istromento si venivano a riputar legati sotto il debito Lalli, e soggetti all’arbitrio da’ Comunisti per sempre, di estinguere, o non estinguere per render liberi i Preti un tal Debito.
In Paese, dove non si sanno appieno tutte le cautele Legali, non parve di aver pensato poco l’aver pensato all’espediente che segue:
A di 10 Marzo 1766 si aduno’ il Generale Consiglio di Votanti num. 99 e si fece dedurre a notizia in generale, come la avea gia’ in particolare ciascuno, la provista del detto grano fatta sin dal Settembre passato di consenso del Sig. Governatore e che in essa (per motivi poc’anzi addotti si uso’ questo titolo) si preferiva la Comunita’ alla Compra di detto grano collo sborso di scudi 400 e coll’interesse di scudi 20 che per tale provista si erano obbligati a pagare i detti Sacerdoti, e con di piu’ scudi 18 per le spese occorse per detta provvista fatta dagli Priori, e per loro mercede.
Non si venne ad altra risoluzione su questo, sennon che venendo proposto al Pubblico in detto consiglio, forse in pregiudizio della provvista fatta del grano, quanto Granturco occorreva, al prezzo di scudi 6 il rubbio a credito coll’obbligo solidale, fu, e resto’ a quasi pieni voti neri il detto granturco rigettato, ed escluso.
Non si vuole negare che cio’ non riuscisse di dispiacimento a chi assuefatto sin dal 1764 a trar de’ vantaggi talvolta eccessivi (come accader suole ne’ tempi di pubbliche calamita’) su particolari negozi di grascie, si vedeva considerabolmente provveduto il Pubblico, medianti tre Preti.
Ne’ un tale dispiacimento, dopo la riferita esclusione del Granturco era si poco sensibile da potersi tenere occulto, e da non farne temere a’ Preti qualche effetto di risentimento non troppo favorevole per loro.
Le rappresentanze quantunque false alle quali e’ troppo portato chi risente del dispiacere; non lasciano di fare impressioni a’ Superiori da no facilmente dissuadernegli.
La Prudenza, ed il dovere suggeri’ che due de’ Tre Sacerdoti si portassero a Roma a render i Loro Superiori consapevoli della loro innocente suddetta mediazione prima che altri, la rappresentasse lor per maligna.
Fu questa Loro partenza di contrattempo far convocare nuovo generale Consiglio sei giorni appena dopo l’esclusione del granturco, cioe’:
A di 17 Marzo 1766 fu richiesto se il Popolo voleva il grano a scudi 7, oppure il granturco da caricarsi in Tivoli a spesa di ciascuno a scudi 6 in credenza coll’obbligo solidale, lasciando libera, ed assoluta liberta’ de’ Sacerdoti (questo era il gran tentativo) se il loro grano vogliono darlo alla Comunita’; ed a questa se vuole riceverlo (come se il debito non fosse stato piu’ fatto per essa) ed in caso contrario che possino detti Sacerdoti disporne a loro arbitrio.
Questo bastava per ridurre i Preti alla necessita’ che a lor si tramava, di fare i Negozianti contro i Sacri Canoni, o di rimetter del proprio sull’interesse contratto per utile del Popolo.
Si esigge dal Consiglio che volea ascoltar i Sacerdoti se si fossero compiaciuti che prima di far uso del grano per liberagli dal peso addossatosi, avesse la Comunita’ accettate altre grascie, o ricusati come avea stimato dover fare sei giorni prima per sicurezza de’ detti Preti, si esigge, dissi, dentro questo stesso giorno positiva risposta (per non affrettarne il ritorno) e si costringe il Consiglio a tender le reti agli assenti Sacerdoti anche con parole palliate di comune sovvenimento.
Fu arringato da Giambattista Calliani, e Martini che non essendovi alcun pregiudizio ne’ per l’una parte ne’ per l’altra (cioe’ ne’ per la Comunita' che avrebbe cercato di far prima consumare il grano per scioglier dall’obbligo i Preti, ne’ per essi) fosse pure accettato quel granturco sei giorni prima rigettato, di 99 votanti con voti 8.
Ritornati i Preti alla Patria coll’approvazione della Loro Condotta, e del metodo pensato dal Governatore di quel tempo per loro piu’ sollecita sicurezza, a scioglimento dell’obbligo, nel consiglio A di’ 21 Aprile 1766 si esibi’ a loro nome in sollievo del Pubblico per essere stata sempre tale la loro intenzione (ma’ non di fare il mercante a grano come sin d’allora lor si tramava).
La rubbia 60 Grano alla ragione di scudi ^:30 il rubbio per spese occorsevi, e controversie, ed in altro caso ( attesa l’accettazione del Granturco) i Signori Consiglieri sono pregati a dare a’ Sacerdoti la Liberta’ (chi domanda liberta’ non e’ Padrone, com’e’ Padrone quello da cui vien domandata).
Tutti coscij del giusto approvarono di 102 votanti, neri solo 4, e la quantita’ del grano e la somma del Denaro per i frutti e spese.
Sei giorni appresso, cioe’ A di’ 21 Aprile 1766 fu adunato il picciolo Consiglio per risolvervi il metodo da tenersi sul grano detto per utile, e vantaggio della Comunita’.
D’Attilia vi arringo’ che si fosse panizzato ad once ove la pagnotta e si fosse dato al Fornaio se si fosse trovato a ragione di scudi 8 il rubbio. In tal caso il denaro che se ne ritraeva serviva per sciogliere dal debito i Preti.
“Trojaque nunc stares, Priamique arx alta maneres”. In mancanza del Fornaio arringo’ che si dispensasse il detto grano coll’accrescimento di bajocchi due per coppa e con portare ciascuno sicurta’, o obbligo solidale; e resto’ pienamente approcato.
Intanto pero’ che i Comunisti pensavano sul grano da ricavarne utile, e vantaggio (come segui’) per la Comunita’, era pur di dovere che i Sacerdoti sottoposti al Censo di cui tutto il Denaro avean essi a quattr’occhi fatto prendere da Pubblici Rappresentanti, era dissi, di dovere che richiedessero qualche precauzione, che, come si avverti’ di sopra, fosse la piu’ sbrigativa, e che avessero potuto ritener presso di loro in quei pochi mesi restanti al Settembre , onde a di’ 11 Maggio 1766 fu il picciolo Consiglio adunato ed il DAttilia arringo’ che si faccia un obbligo dal Residente e futuro Priorato per quiete cioe’ de’ Preti, ed il Grano si fosse distribuito in credito da Priori futuri con gli obblighi solidali con lasciargli quei ch’essi medesimi non avessero potuto esigere agli altri successivi Priori per la totale estinzione del Debito.
Su di questo pero’ vi arringo’ Nicolangelo Cervelli che in quanto all’obbligo del Priorato si corresse l’arringo del Dattilia; ma riguardo all’esazione del grano da distribuirsi in tutto al piu’ il futuro Settembre del medesimo 1766; altrimenti si fosse rilasciato il grano a’ Signori Ecclesiastici per il motivo, che gli medesimi soccombono al pagamento dell’usura al cinque per cento sul denaro impiegato, la quale usura non e’ permesso alla Comunita’ d’accollarsi, onde la medesima Comunita’ provvedera’ allora in altro modo.
E questo arringo del Cervelli ebbe il maggior consenso.
Siccha’ stabilita, e promessa detta esazione per rendere esenti al piu’ presto possibile i Sacerdoti dalla soggezione del Debito dentro il breve tempo al piu’ di tutto Settembre, fu radunato il picciolo Consiglio a di’ 13 Maggio 1766, e vi fu a viva voce risoluto che invece di farsi l’obbligo da’ soli Priori come si era detto dal Dattilia nell’arrindo di sopra, si fosse questo sottoscritto da que’ 29 o 30 Consiglieri che vi erano presenti.
A tali Atti pubblici vivendo quieti i detti Sacerdoti, ed affidati che nel prossimo ventuno settembre si fosse venuto alla disopra limitata e stabilita esazione secondo il Consiglio degli 11 Maggio, prima pochi giorni delle raccolte de’ grani i quali sono in Canemorto l’unico mezzo onde potere ritrarre Denaro, ed estinguer debiti, tutto ad un tratto Dominus percussit nons in vento urente, et in perugine Segetes nostras (amos 4, verso 9) .
Con un flagello di carestia peggiore di quello del 1764 non solo si perdette la speranza di poter neppure tentare la sopra riferita concertata esazione, ma si vide tosto la Comunita’ costretta piucche’ mai a far altri Debiti.
Per lo avanti avea tentato fuori di Roma ogni strada d’aver denaro.
Ora non le rimaneva a ricorrere sennon a Roma laddove, come si prevedeva, non si potette avere il Denaro sennon quando non trovo’ piu’ ove impiegarlo che in detrimento sommo del Popolo.
Non si potette dunque coartar il Popolo debitore dell’impossibile.
Non avea piu’ luogo la Stabilita, e promessa e fissata esazione per scioglier i Preti dal Debito a loro nome contratto.
In tali durissime ma provvedute circostanze non potette altro farsi che radunare il Consiglio de’ 40 cui gia’ da molti anni e’ consuetudine che si riporti il Consiglio Generale.
A di’ 5 Ottobre percio’ dello stesso 1766 fu adunato e propostovi che che non essendosi potuto esigere per i Sacerdoti sul Grano distribuito in credito valutato con i frutti dell’anno gia’ maturato, attesa la cattiva stagione, si faceva intendere a nomi de’ Sacerdoti che si sarebbero contentati questi di continuare a soggiacere al debito di scudi 400 per un altro anno, quante volte si fossero puntualmente pagati al Lalli, o a chi per esso anche per quell’altro anno l’interesse consaputo di scudi 20.
Vi arringo’ Giovanni Barnabei che i detti frutti ben dovuti, si facessero esigere dall’Esattore Comunitativo anche per quell’altr’anno, e che i paghero’ de’ Debitori si lasciassero stare intieri per l’altr’anno da maturarsi al Settembre del 1767, ed a pieni voti fu prestato il pieno consenso, appena un solo discrepante.
Lo che fu approvato anche secondo il dovere colla sottoscrizione del Giudice Governatore pro tempore.
Ma in progresso della Carestia vedendosi i nuovi Debiti che a gran passi doveano, e pubblici, e privati contrarre, fu considerato ottimamente, e prevveduto che quanto venne stabilito nel Consiglio del di’ 5 di Ottobre avrebbe corsa anche piu’ impossibil sorte nell’effettuazione, di quello gia’ l’aveva corsa l’altra precedente determinazione risoluta nel Consiglio del di’ 11 Maggio 1766 per l’arringo del Cervelli; cioe’ che nel Settembre del 1767, a cui si era differita la detta, e tante volte promessa esazione per rilevare i Preti dal Debito, medianti essi , contratto, sarebbe stato piu’ impossibile che mai di farla, spropiate le Case del meglio che avevano per vivere nel 1767; fu necessita’ pertanto di adunare
A di’ 3 Febraro 1767 un Generale Consiglio di votanti num. 101, in cui fu considerato, ed esposto, che non essendosi potuto esigere il Credito del Grano distribuito proveniente dalli denari presi a Censo da’ Sig. Ecclesiastici (o sia questi medianti) ad interesse di un 5 per 100, detto interesse necessariamente per accordare la accollazione richiesta da’ medesimi Consiglieri fino a Settembre venturo, dovrebbero detti Sacerdoti pagare del proprio contro ogni ragione (si veda l’arringo del Consiglio de’ 18 Dicembre 1769 e si confronti qui l’indoverosamente, e fuori d’ogni dovere, di quell’arringo pien d’odio del giusto).
Pero’ si progetta, o che sia pagato detto Capitale, o siano pagati i scudi 38 per l’interesse e spese del primo anno, che si dilucidarono nel Consiglio de’ 10 Marzo 1766, e via da’ medesimi Consiglieri accollato detto Censo con pagarne lo stabilito interesse annuo di sc.20 da intendersi principiato a decorrere dal mese di Settembre 1766, sin che possa effettuarsi la totale estinzione, ed esazione intiera per il Principale de’ scudi 400, onde non solo concordemente fu risoluto per rilevare detti tre Sacerdoti da qualunque pregiudizio di pagare il detto interesse come sopra, ma ancora furono accordate da questo general Consiglio le necessarie facolta’ a’ Priori pro tempore di fare stipolare colle solite cautele l’Istromento di Accollazione del detto Consiglio accio’ fossero i detti Sacerdoti rilevati dal Decorso de’ Frutti avvenire sino alla totale Estinzione.
Ben ponderati insieme concatenati tanti Pubblici Atti, e Promesse fatte da un Popolo pienamente coscio di quanto viene sopra narrato per loro sollievo; si domanda il parere se sia giusto il domandarne la Conferma, ed approvazione anche dal SS.mo Pontefice, e valicare come tanti Istromenti le promesse pubbliche fatte avanti al Supremo Giudice Onnipotente Iddio; e sottoscritte da’ giudici pro tempore assistenti, tanto più che il Popolo stesso non fa sannon ricusare di approfittarsi di quelle ragioni legali, le quali gli apparterrebbero nella vita temporale.
Senza bisogno di replicare altri Consigli.
Se si fa obbiezione perche’ i Preti non citavano i Priori che no anno fin ora stipolato il promesso e determinato Istromento, si risponde perche’ non an mai dubitato della pubblica buona fede confermata dalla puntualita’ ogni anno di pagare il promesso interesse di scudi 20, onde non avendo i Sacerdoti occasione di lagnarsi della buona pubblica volonta’, si sono astenuti senza una precisa necessita’ da qualunque atto giuridico di pubbliche istanze; mentre sin dal anno 336 Julius 1, constituit, ut nullus clericus Causam quamlibet in publico ageret nisi in Ecclesia per Notarios stipularetur